interno lordo (PIL) è rivista di continuo, come è successo nel 2014, quando al PIL della Gran Bretagna si sono aggiunte la prostituzione e la compravendita di droghe illegali” [25, p. XV]. Non solo i dati, ma anche grafici, tabelle e diagrammi “possono mentire” [29]. Infatti, per varie ragioni e in modi diversi, sono in grado di influenzare in negativo o in positivo la nostra percezione delle informazioni da essi rappresentate, come spiegato in [29] con esempi d’attualità che vanno dalle infografiche sui risultati elettorali ai grafici del PIL, dalle mappe geopolitiche alle tabelle di COVID-19. I lavori prima segnalati offrono analisi approfondite su come catturare la complessità del mondo in cui viviamo e formulano proposte per ottenere dati ufficiali più pertinenti. Lo scopo è di aiutare i responsabili politici, le organizzazioni o i cittadini a prendere decisioni bene informate a favore di una società migliore. Non secondariamente, forniscono anche un aiuto metodologico ad esercitare la democrazia e i sui valori. Al lettore non sfuggirà che le stesse considerazioni sulla complessità definitoria e operativa si applicano al settore sanitario-epidemiologico - si pensi ancora al COVID-19. Qui la questione dell’affidabilità delle statistiche ufficiali si fa, se possibile, ancor più spinosa. Per la validità dell’approccio metodologico alla raccolta, presentazione e spiegazione dei dati statistici di questa pandemia si rinvia al recentissimo [30], pur se orientato alla realtà inglese. Su questa base metodologica, è possibile promuovere indagini pubbliche nazionali e prendere adeguate contromisure non solo sanitarie, ma anche rispetto alla “infodemia”, o disinformazione dilagante, dalle conseguenze sempre più nefaste. Disuguaglianze e disparità Sulla disuguaglianza della ricchezza, che sta aumentando in molte nazioni a un ritmo allarmante, rimandiamo all’eccellente sintesi divulgativa di Bruce Boghosian [31]. A livello mondiale, dice Boghosian, 26 persone nel 2019 (nel 2010 erano 388) possedevano la stessa ricchezza personale di tutta la metà più povera della popolazione mondiale: circa 3,5 miliardi di persone. (Non è difficile intuire i primi 5 o 6 paperoni di questa classifica). Anche i colossi delle piattaforme, i cosiddetti FAANG, ovvero Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google, pur essendo pochi, sono straordinariamente ricchi. Le metriche e le variabili per misurare la disuguaglianza economica sono davvero molteplici: distribuzione di Pareto, curva di Lorenz, coefficiente di Gini, elefante di Milanovic. Non ci soffermiamo qui su questi indici/grandezze/rappresentazioni di cui, peraltro, si trovano ampie descrizioni e analisi in Rete - tutte reperibili tramite ricerche con motori di ricerca o accesso diretto a Wikipedia. Ricordiamo solo che, nel 1992, il Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo pubblicò un altro grafico raffigurante la distribuzione globale del reddito per quintili. L’infografica a “coppa di champagne” che ne risultò divenne una forma di visualizzazione facilmente riconoscibile del divario tra ricchi e poveri. Anche di questa rappresentazione si trovano numerosi esempi nel Web. In sostanza, confrontando i dati del 2016 con quelli del 1990, la percentuale di reddito percepito dal 20% più povero della popolazione rimane sotto il 2%, mentre è cresciuta dal 18% nel 1990 al 22% nel 2016 la quota percepita dall’1% più ricco. Qui si riconosce una chiara manifestazione del principio di Pareto. Il riferimento [31] ricostituisce anche le ragioni “fisiche” (endogene) per cui la ricchezza, oltre a distribuirsi in maniera non uniforme, tende naturalmente e inevitabilmente a concentrarsi, in assenza di provvedimenti politici adeguati - pur partendo dalla condizione di uguaglianza assoluta e con regole del gioco uguali per tutti i partecipanti. Alla fine la ricchezza si condensa nelle mani di pochi partecipanti (regime di oligarchia), al limite di uno solo. Non è neanche necessario che le regole del gioco siano del tipo homo homini lupus; infatti, la disuguaglianza si manifesta pure nella situazione di homo homini agnus. In altre parole, “The rich get richer and the poor get poorer”, come già osservava Percy Bysshe Shelley2. Tutto l’argomento, che meriterebbe un discorso a parte, richiede per il suo sviluppo un apparato matematico piuttosto avanzato (equazione alle derivate parziali di Fokker-Planck, processi stocastici moltiplicativi, et similia), come mostrano i lavori di ricerca e approfondimento di Boghosian e collaboratori. È utile ribadire che questo risultato statisticomatematico - sbalorditivo e preoccupante allo stesso tempo - vale come una legge fisica, benché sia a priori del tutto controintuitivo. La questione della disuguaglianza economica (nel reddito e nella ricchezza) non è disgiunta dal problema della sovrappopolazione, soprattutto in aree specifiche del pianeta. Questione, questa, da trattare con adeguati modelli matematici, ben oltre le analisi di Malthus, il quale, fra l’altro, riteneva che l’umanità fosse inesorabilmente condannata alla povertà (Saggio sul principio di popolazione, 1798). Quanto a noi, un aspetto interessante è che l’I46 AEIT • numero 11/12 2 Ri ferendoci al la saggezza popolare e tradizionale, r ipor t iamo: “I proverbi che ribadivano il principio ‘la roba va alla roba’, vale a dire che il bene arriva a chi l’ha già, la fortuna favorisce i fortunati, erano riformulati in tutto il Triveneto con crasso realismo nel tipo il diavolo la fa sempre nel mucchio più grande” [33, pp. 278-279].
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