Rivista AEIT nov-dic 2023

novembre/dicembre 2023 Rivista ufficiale dell’AEIT Seguito de “L’Elettrotecnica” fondata dall’AEI nel 1914 Poste Italiane Spa - Sped. in Abb. Postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 N. 46) Art. 1, comma 1, DCB Milano AEIT - Volume 110 - Numero 11/12 novembre/dicembre 2023 - ISSN 1825-828X Associazione Italiana di Elettrotecnica, Elettronica, Automazione, Informatica e Telecomunicazioni IN PRIMO PIANO: Rinnovabili e Comunità Energetiche

Il futuro è sostenibile In Hitachi Energy promuoviamo un futuro energetico sostenibile per tutti. Il nostro portafoglio di prodotti, soluzioni e servizi migliora la sicurezza, l’affidabilità e l’efficienza delle reti elettriche, con attenzione all’impatto ambientale. hitachienergy.com/it/it

I N QUESTO NUMERO La rivista è pubblicata con il concorso del Consiglio Nazionale delle Ricerche. È vietato riprodurre articoli della rivista senza citarne la fonte. Registrazione Tribunale di Milano del 29.08.1948 - N. 395 Iscrizione R.O.C. numero 5977 - 10 dicembre 2001 Poste Italiane Spa - Spedizione in Abb. Postale - D. L. 353/2003 (conv. in Legge 27/02/2004 N. 46) Art. 1, comma 1, DCB Milano Associato all’USPI Unione Stampa Periodica Italiana Proprietaria ed Editrice © Associazione Italiana di Elettrotecnica, Elettronica, Automazione, Informatica e Telecomunicazioni - AEIT Direttore: Andrea Silvestri Direttore Responsabile: Maurizio Delfanti Comitato Editoriale: Michela Billotti, Alessio Borriello, Alessandro Bosisio, Filippo Bovera, Roberto Cameroni, Sergio Giacomo Carrara, Luca Cavalletto, Claudio Cherbaucich, Bruno Cova, Eugenio Di Marino, Romina Donazzi, Arrigo Frisiani, Pier Franco Lionetto, Angelo Luvison, Stefano Massucco, Marco Merlo, Maurizio Molinaro, Giampaolo Monti, Silvia Moroni, Giovanni Ricca, Elisa Rondella, Mauro Ugolini, Fabio Zanellini Redazione: Fabrizio Trisoglio - red_aeit@aeit.it Hanno collaborato: Giuseppe Notaro l focus “Rinnovabili e Comunità Energetiche” muove della convinzione che il “ruolo nuovo” dei “clienti finali” (Maurizio Delfanti nel suo editoriale) sia rilevante per la partecipazione attiva allo sfruttamento di rinnovabili, al di fuori del “predominio delle grandi imprese e delle fonti fossili” e per un reale contributo alla transizione energetica. Le città - con la loro concentrazione dei consumi energetici e delle emissioni - sono destinate a essere campo privilegiato di azioni “smart”, nonostante i settori termici e dei trasporti siano ancora in mano ai combustibili fossili. In questo contesto vanno inquadrate le Comunità Energetiche, nuovi modelli di sviluppo senza prevalenti finalità di lucro ma con obiettivi ambientali, economici e sociali. Quest’inquadramento, ricco di riferimenti alle disposizioni comunitarie e nazionali, è di Carlo Alberto Nucci. Proprio sul ruolo sociale delle Comunità Energetiche verte il lavoro di Laura Campagna, Giuliano Rancilio, Filippo Bovera, Marco Merlo e Matteo Zatti. La crescita della povertà energetica, accentuata dal COVID e poi dalla crescita dei prezzi energetici dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, può essere contrastata dai benefici e dai risparmi associati alle Comunità Energetiche, nella cui progettazione includono obiettivi sociali per beneficiare i “poveri energetici” senza sacrificare troppo il vantaggio economico degli utenti non fragili. È poi descritto un progetto da un lato di previsione delle produzioni rinnovabili e dei consumi di una Comunità Energetica, dall’altro di ottimazione delle generazioni e della loro gestione anche in tempo reale. Tutte queste fasi e la relativa ottimazione sono presentate da Francesco Conte, Giulio Iannello, Anna Rita Di Fazio, Andrea Iacovacci, Arturo Losi e Mario Russo, con riferimento a una Comunità Energetica con una struttura rappresentativa dei casi di membri localizzati sia nello stesso edificio sia in edifici diversi, e sono testate in alcune possibili configurazioni che includono tre edifici pubblici (ospedale, università, residenza per anziani) e un impianto fotovoltaico comune. Il lavoro di Daniele Menniti, Nicola Sorrentino, Anna Pinnarelli, Giovanni Brusco, Pasquale Vizza e Giuseppe Barone mette in luce il rischio di aggregazioni “generazioni - carichi” senza benefici, o anzi con un impatto negativo per il sistema elettrico. Il modello di gestione proposto, che mette in conto anche sistemi di accumulo, rende possibile ottimizzare la convenienza economica degli utenti ma insieme “aiutare” il sistema elettrico nelle ore critiche. Questa soluzione, naturalmente più costosa, può indurre a ripensare alla logica degli incentivi e alla valorizzazione dei servizi ancillari qui forniti. Esempi di Comunità Energetiche rinnovabili e solidali sono quelli avviati dalla Fondazione Banco dell’energia, di cui la rivista ha già parlato, qui illustrati da Silvia Pedrotti. La Fondazione operava solo in Lombardia fino al 2021 e da allora, significativamente, si è aperta a una prospettiva nazionale con iniziative sociali e in zone con prevalenti condizioni di povertà materiale. Fuori dal focus, Anna Villari e Micaela Civati presenta progetti A2A di illuminazione cittadina e installazioni luminose artistiche di grande impatto visivo, in occasione della Capitale Italiana della Cultura nelle due città di Bergamo e Brescia. Nel titolo del progetto Light is life, tolleriamo l’inglese solo per la simpatica allitterazione L - L che sarebbe assente nell’altrettanto icastico italiano di Luce è Vita. Anche le immagini che la rivista propone sono suggestive, ma non fanno dimenticare che alcune donazioni collegate a questo progetto hanno finanziato il suddetto Banco dell’energia per il sostegno di situazioni di povertà energetica. Chiude il nostro fascicolo Stefano Campanari, con uno sguardo sul recente passato delle tecnologie elettriche, quando si pose il problema, e poi se ne gettarono le basi, dei motori a induzione lineari per le applicazioni ferroviarie. Nel secondo Novecento non mancarono apporti italiani, come quello di Enrico Campanari del Politecnico di Milano, attivo anche nel progetto della prima automobile elettrica solare alla fine degli anni Ottanta. Si segnala infine con piacere, da parte di chi scrive, di aver incluso - tra i numerosissimi Autori che precedono - numerosi colleghi e amici del GUSEE, insieme a nuovi giovani non conosciuti personalmente ma allievi, si presume, di colleghi e amici.

S O M M A R I O AEIT • numero 11/12 novembre/dicembre 2023 Progetto Grafico - Copertina - Impaginazione: Antonella Dodi - af@aeit.it Abbonamenti e Pubblicità: Tel. 02 873899.67 - aeit@aeit.it Direzione Redazione Amministrazione: AEIT - Ufficio Centrale Via Mauro Macchi, 32 - 20124 Milano Tel. 02 873899.67 Telefax 02 66989023 Sito Internet: http://www.aeit.it Stampa - Fotoservice - Distribuzione: Arti Grafiche Murelli Via Campania 42 20090 - Fizzonasco di Pieve Emanuele - Milano Gli autori sono responsabili di quanto scritto nei loro articoli. Le opinioni espresse dagli autori non impegnano l’Associazione. Editoriale 4 Rinnovabili e Comunità Energetiche Maurizio Delfanti Rinnovabili e Comunità Energetiche Città intelligenti e Comunità Energetiche 6 Carlo Alberto Nucci Il ruolo sociale delle Comunità Energetiche 20 Laura Campagna, Giuliano Rancilio, Filippo Bovera, Marco Merlo, Matteo Zatti Il progetto ComER: metodi e strumenti per le CER 30 Francesco Conte, Giulio Iannello, Anna Rita Di Fazio, Andrea Iacovacci, Arturo Losi, Mario Russo CER e tecnologie per il supporto al sistema elettrico 40 Daniele Menniti, Nicola Sorrentino, Anna Pinnarelli, Giovanni Brusco, Pasquale Vizza, Giuseppe Barone Donare luce e calore 50 Silvia Pedrotti Light is Life - Festa delle Luci A2A 54 Anna Villari, Micaela Civati Motori lineari e auto elettriche solari: il contributo 62 di Enrico Campanari Stefano Campanari

L’ op i n i one d i Lu i g i Mi c h i pinionediMaurizoDelfant Il sistema energetico italiano ed europeo sta affrontando una profonda trasformazione, guidata dalla esigenza della decarbonizzazione. Con la pubblicazione del Clean Energy for all Europeans Package, i clienti finali, fino ad allora ultimo anello della catena decisionale rispetto all’implementazione delle politiche energetiche, sono stati investiti di un ruolo nuovo, ottenendo la possibilità di partecipare attivamente alla generazione di energia da fonti rinnovabili, ai mercati della flessibilità, ma anche alla definizione delle politiche che interesseranno le loro vite nei prossimi anni. L’allargamento della platea di attori che concorreranno al raggiungimento dei target europei di decarbonizzazione al 2030 (anno obiettivo del PNIEC del nostro Paese) e al 2050 (anno fissato per il raggiungimento della neutralità carbonica) appare quindi un passaggio chiave; infatti, è uno dei capisaldi delle direttive “rinnovabili” (2018/2001/UE, meglio conosciuta come RED II) e “mercato” (2019/944/UE, o anche IEM). Le due direttive hanno definito il quadro giuridico a livello europeo per la partecipazione del singolo e della collettività alla filiera dell’energia elettrica, introducendo definizioni specifiche per gli schemi di autoconsumo (anche collettivo) e per le comunità dell’energia. Proprio a partire dalle definizioni, le Comunità Energetiche sono state introdotte con “lo scopo principale di offrire ai […] membri o soci o al territorio in cui operano benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità, anziché generare profitti finanziari” (IEM), o in alternativa rispondono alla finalità di “fornire benefici ambientali, economici o sociali a livello di comunità ai loro azionisti o membri o alle aree locali in cui operano, piuttosto che profitti finanziari” (RED II). Il recepimento anticipato della RED II, attuato in Italia mediante l’art. 42-bis del DL 169/19, la Delibera ARERA 318/2020 e gli incentivi definiti dal MiSE nel settembre 2020, ha permesso la costituzione di alcune prime comunità. Queste iniziative, prototipali data la dimensione degli impianti e il perimetro di intervento, hanno già fatto vedere come le CER possano andare al di là del semplice interesse di autoconsumare l’energia prodotta nel territorio riducendo indirettamente la spesa energetica del singolo: delineando per esempio interventi di contrasto alla povertà energetica, o politiche territoriali per limitare l’abbandono di alcune aree del Paese. Con il 2024, si entrerà finalmente nella fase attuativa di questa rivoluzione, grazie al completo recepimento delle direttive RED II e IEM per il nostro Paese: con le Comunità Energetiche, il cittadino dispone ora di un modello alternativo per la promozione e l’uso di energia da fonti rinnovabili, incentrato sui bisogni energetici, ambientali e sociali identificati dalle realtà locali. Nella implementazione di questo nuovo modello, diventa ora evidente la necessità di una spinta organizzativa importante da parte degli attori del territorio: da un lato si permette ai Rinnovabili e Comunità Energetiche Maurizio Delfanti Politecnico di Milano

cittadini, alle amministrazioni pubbliche, alle imprese locali di assumere un ruolo nuovo nell’ambito delle politiche energetiche e climatiche del Paese; dall’altro, si richiede uno sforzo di leadership agli attori che propongono lo sviluppo di queste iniziative, così da valorizzare al meglio le risorse che ciascun attore può mettere a disposizione. Si tratta quindi di definire politiche locali che traguardino allo sviluppo dei territori in cui le Comunità Energetiche possano nascere e crescere, identificando bisogni economici o sociali, attraverso la valorizzazione delle risorse a disposizione. E sarà interessante studiare, e divulgare come fa la Rivista in questo numero, le esperienze, i modelli organizzativi che sembrano meglio rispondere agli obiettivi di coinvolgimento degli utenti finali promossi dalle direttive europee; ma con l’ambizione di renderli coerenti anche con i contributi che provengono da piani e programmi specifici, come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, e altre politiche di sviluppo locale promosse a livello europeo, e poi declinate a livello regionale. La sfida lanciata con il recepimento complessivo delle direttive è che le competenze e le capacità delle Comunità Energetiche possano crescere in modo coerente con l’allargamento del perimetro d’intervento e con l’aumento della potenza degli impianti detenuti dalle comunità stesse. Affinché questo avvenga, serviranno opportuni percorsi di capacity building per i soggetti promotori (amministrazioni pubbliche in primis), per offrire loro quelle competenze volte a generare e mantenere il valore nei rispettivi territori. L’urgenza di determinare impatti positivi deve convivere con una prospettiva di medio-lungo termine: lo sviluppo delle Comunità Energetiche rappresenta uno strumento per rendere protagonisti delle scelte energetiche gli utenti finali; di conseguenza deve avere l’ambizione di definire percorsi che determinino impatti sulla società nel suo complesso e sulle attese per lo sviluppo, in senso ampio, di un’economia sostenibile legata ai territori. Ma vi sono ulteriori valenze, che a mio avviso sono più importanti e strategiche per il Paese, anche se non hanno una ricaduta immediata. Le CER si concretizzano realizzando sul territorio nazionale una miriade di iniziative (si stimano svariate migliaia di comunità, per un totale di 5 GW), condivise, basate su energia rinnovabile, con un bassissimo impatto ambientale: così facendo, si favorisce, in modo progressivo, l’accettazione dei nuovi impianti da parte delle comunità locali. È un modo per dimostrare e comprendere come le tecnologie di conversione basate su fonti rinnovabili (su tutte, il fotovoltaico) siano la leva principale per affrontare, e risolvere, le sfide energetiche e ambientali che abbiamo davanti; sfide da vincere assicurando un equilibrato compromesso tra la tutela del paesaggio e la tutela dell’ambiente “anche nell’interesse delle future generazioni”, come di recente introdotto nella nostra Costituzione. Infine, implementare l’approccio diffuso alla soluzione del problema energetico, dimostrandone il valore, aiuta a mantenere la giusta direzione nel percorso, oggi particolarmente tormentato, della transizione: una direzione nella quale il predominio delle grandi imprese, e delle fonti fossili, lasci uno spazio crescente alle iniziative diffuse e condivise, con tanti impianti, detenuti e operati da una pluralità di soggetti, magari di piccole dimensioni. In estrema sintesi, un’evoluzione più aperta e democratica del settore energetico.

La città intelligente o Smart City Definizione L’Unione Europea fornisce la seguente definizione di Smart City [1]: “Una Smart City o città intelligente è un luogo in cui i servizi tradizionali sono resi più efficienti grazie all’impiego di tecnologie digitali - dell’informazione e della comunicazione (ITC) - a beneficio dei suoi abitanti e delle imprese. Una Smart City va oltre l’uso delle tecnologie digitali per un migliore utilizzo delle risorse e minori emissioni. Significa reti di trasporto urbano più intelligenti, impianti di approvvigionamento idrico e di smaltimento dei rifiuti migliorati e modi più efficienti per illuminare e riscaldare gli edifici. Significa anche un’amministrazione cittadina più interattiva e reattiva, spazi pubblici più sicuri e soddisfare le esigenze di una popolazione che invecchia”. È naturalmente contemplato e previsto l’uso di Big Data e di tecnologie IOT (Internet of Things), così come la disponibilità di set di dati aperti, interconnessi e condivisi su tutto l’eco-sistema della città, in grado di abbattere barriere e generare maggiore conoscenza del sistema città. La missione EU Climate Neutral and Smart Cities [1], di cui si dirà diffusamente più avanti, considera l’innovazione della città non solo di pertinenza tecnologica, ma anche legata agli aspetti sociali, creativi, organizzativi e finanziari necessari per trasformare le città. Si ritiene utile fornire un’altra definizione, più sintetica, e che sottolinea l’importanza del capitale umano. “È una città in cui la pianificazione e trasformazione urbanistica delle infrastrutture è tesa all’ottimizzazione/digitalizzazione e innovazione dei servizi pubblici al fine da mettere in relazione le infrastrutture delle città con il capitale umano, intellettuale e sociale di chi le abita e rendere la città eco-sostenibile. Ciò è reso possibile grazie all’impiego diffuso delle nuove tecnologie dell’energia, della comunicazione, della mobilità, dell’ambiente al fine di migliorare la qualità della vita e soddisfare le esigenze di cittadini, imprese e istituzioni”. Perché le città (e in particolare le città smart) Le città coprono circa il 3% del suolo del pianeta, ma rappresentano più di 65% dei consumi energetici e producono oltre il 70% di tutte le emissioni globali di gas serra. Le città stanno crescendo rapidamente; in Europa, occupano solo il 4% della superficie terrestre dell’UE, ma vi abitano il 75% dei cittadini, e si stima che entro il 2050 quasi l’85% degli europei vivrà in città. Le città sono anche il “laboratorio” in cui le strategie di decarbonizzazione dell’energia, dei trasporti, degli edifici e persino dell’industria e agricoltura coesistono e si intersecano. La densità di infrastrutture e del loro uso è maggiore nelle città, c’è quindi anche una maggiore integrazione intersettoriale e presenza d’infrastrutture complesse come, ad esempio, le reti intelligenti (Smart Grid), da sempre ritenute un importante fattore abilitante per la implementazione del concetto di Smart City (implementazione che in alcuni settori ha subito una accelerazione a causa del COVID-19, come evidenziato nei più recenti convegni internazionali sul tema Smart City (per es., https://attend.ieee.org/isc2-2021/). Chi scrive condivide quindi pienamente il concetto espresso dalla UE che l’emergenza climatica debba essere affrontata nelle città, per le ragioni soprammenzionate. Sul territorio italiano, caratterizzato da ampie differenze di zone climatiche a causa dello sviluppo geografico longitudinale della penisola, le aree urbane sono spesso costruite intorno a un centro città con un nucleo medievale e rinascimentale, con grandi distretti che includono il patrimonio mondiale dell’UNESCO, ad esempio edifici e monumenti, spesso ereditati dalla civiltà romana e greca. Ciò comporta problemi più 6 AEIT • numero 11/12 Città intelligenti e Comunità Energetiche Carlo Alberto Nucci Università di Bologna, Dipartimento di Ingegneria dell’Energia elettrica e dell’Informazione “Guglielmo Marconi” - DEI, Rappresentante nazionale EU Mission “Climate-Neutral and Smart Cities”

complessi riguardo le soluzioni possibili per le infrastrutture energetiche e di trasporto. Sebbene tenda a ridursi progressivamente, la differenza dei redditi medi nelle diverse regioni del paese è ancora significativa e questo si riflette nelle caratteristiche delle 14 aree metropolitane stabilite lungo il Paese. Una tale varietà di impostazioni e obiettivi rappresenta una delle sfide da affrontare nella sperimentazione di soluzioni nuove e affidabili, insieme all’innovazione tecnologica e sociale. Inoltre, il nostro Paese è anche periodicamente minacciato da eventi naturali (attività sismica, eruzioni vulcaniche, inondazioni, ecc.), che devono essere considerati nella pianificazione di qualsiasi implementazione di tecnologia intelligente, che a sua volta deve far fronte anche al concetto di resilienza. Siamo infine convinti che, in questo contesto, dovrebbero essere coinvolte anche città a basso reddito con aree socialmente complesse, al fine di evitare che la neutralità climatica e le città intelligenti vengano percepite come un tema d’élite per i cittadini d’élite. La neutralità climatica e le emissioni serra Definizione Neutralità del clima, emissioni zero o neutralità carbonica, consistono nel raggiungimento di un equilibrio tra le emissioni e l’assorbimento di carbonio. Un modo per ridurre le emissioni e raggiungere la neutralità carbonica consiste nel compensare le emissioni prodotte in un settore riducendole in un altro. Questo può essere fatto investendo nelle energie rinnovabili, nell’efficienza energetica o in altre tecnologie pulite. Il sistema per lo scambio delle quote di emissione dell’UE è un esempio di schema per la compensazione delle emissioni di carbonio. Dovrebbero peraltro essere presi in considerazione tutti i forzanti climatici di breve durata (ShortLived Climate Forcers - SLCF), gas e particelle che influenzano il clima, hanno una durata compresa tra pochi giorni e un decennio; molti di loro sono anche inquinanti atmosferici. Le attività umane contribuiscono alle emissioni di SLCF nell’atmosfera. Panoramica sulle emissioni globali e nazionali Sono alcuni osservatori, disseminati in alcuni luoghi strategici del globo, grazie ai quali viene monitorata la concentrazione di CO2. In figura 1 viene mostrato l’andamento dal 1960 sino ai giorni nostri della concentrazione di anidride carbonica rilevata a Mauna Loa nel Pacifico [2-3]. È interessante determinare quali sono le attività antropiche più responsabili di tali emissioni. In figura 2 è mostrata la percentuale gas serra rispetto a un totale di circa 50 miliardi di tonnellate eRinnovabili e Comunità Energetiche novembre/dicembre 2023 7 Figura 1 Concentrazione di anidride carbonica misurata presso l’osservatorio di Mauna Loa dal 1960 all’anno 2022. La curva rossa rappresenta i valori medi mensili, centrati sulla metà di ogni mese. La curva nera rappresenta la media mobile epurata dalle variazioni stagionali. Adattata da [2-3] √ Figura 2 Emissioni globali di gas serra per settore nell’anno 2016 - Adattato da [4] ®®

quivalenti di CO2 ascrivibile a ogni settore per l’anno 2016. Negli anni seguenti, a livello globale le emissioni sono complessivamente aumentate di qualche punto percentuale sino al 2019, per poi subire una lieve contrazione dovuta alla pandemia. È l’uso dell’energia negli edifici, nei trasporti, e nell’industria che determina la maggior parte di produzione di gas serra, quasi i tre quarti. Questo perché l’energia usata per riscaldare e illuminare gli edifici, per muovere i mezzi di locomozione e di trasporto merci e per svolgere le attività industriali proviene in gran parte da fonte fossile. L’industria del cemento e di alcuni prodotti chimici viene enucleata nella figura 2 in quanto per alcuni settori industriali, come quello della produzione del cemento, la produzione di CO2 non è eliminabile anche se l’energia impiegata provenisse da fonte rinnovabile. Non è questo il caso dell’energia impiegata negli edifici, nei quali se il riscaldamento, il raffrescamento e l’illuminazione fossero conseguiti tramite, ad esempio, energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili, la produzione di gas serra risulterebbe azzerata. Nel nostro Paese, in virtù dei diversi provvedimenti che sono stati adottati per abbattere le emissioni, in linea con quanto l’Europa richiede ai propri Stati membri, le emissioni si sono invece ridotte di alcuni punti percentuali, come mostrato dalle figure 3 e 4 [5]. La Mission Climate Neutral and Smart Cities Le Mission EU In parte ispirate dalla missione Apollo 11 di portare un uomo sulla luna, le Missioni europee di ricerca e innovazione mirano a fornire soluzioni ad alcune delle più grandi sfide che l’umanità deve affrontare. Lo scopo delle Mission prevede, oltre all’utilizzo dei programmi di Ricerca e Sviluppo, anche la messa 8 AEIT • numero 11/12 Figura 3 Emissioni nazionali di gas climalteranti dal 1990 al 2019 per settore - Adattato da [5] ®® Figura 4 Emissioni nazionali di gas climalteranti dal 1990 al 2019 per gas - Adattato da [5] ®®

Rinnovabili e Comunità Energetiche a sistema di diversi strumenti finanziari ed eventuali interventi normativi dettati dalle indicazioni raccolte sul terreno (enti locali e cittadini) in un approccio che viene definito bottom-up [1]. Le Mission sono 5, una per ognuna delle seguenti aree (la denominazione originale, in inglese, è in italico): a. Cancro (Cancer) ➞ lottare contro il cancro; b. Adattamento ai cambiamenti climatici incluso la trasformazione sociale (Adaptation to climate change including societal transformation) ➞ adattarsi ai cambiamenti climatici; c. Oceani sani, mari, acque costiere e interne (Healthy oceans, seas coastal and inland waters) ➞ proteggere i mari e le acque del pianeta; d. Neutralità climatica e città intelligenti (Climateneutral and smart cities) ➞ raggiungere la neutralità climatica e vivere in città più ecosostenibili e “intelligenti”; e. Salute dei terreni e del cibo (Soil health and food) ➞ assicurare la salute dei suoli per tutelare quella di alimenti e persone. La Mission “100 Climate-neutral cities by 2030 - by and for the citizen” La Mission viene descritta dal suo scopo: “Sostenere, promuovere e dare visibilità a 100 città europee nel loro processo di trasformazione verso la neutralità climatica entro il 2030, e trasformare queste città in poli di sperimentazione e innovazione per tutte le città, diventando esempi e guide nel contesto dell’European Green Deal che l’Europa ha intrapreso per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050” [1]. Vi sono alcuni passi/obiettivi rilevanti per raggiungere tale scopo: • costruire un processo multilivello e co-creativo formalizzato in un Climate City Contract (di cui diremo in seguito) che, pur adeguato alle realtà di ogni città, punterà allo scopo della missione; • promuovere un processo che porti i cittadini a diventare “agenti di cambiamento” attraverso iniziative di tipo bottom-up e attraverso nuove forme di governance; • aiutare le città ad accedere ai mezzi finanziari per realizzare lo scopo della Mission tramite i fondi di Horizon Europe, Fondi strutturali e di investimento europei, i Just Transition Funds, InvestEU, gli strumenti di Next Generation EU e altri fondi UE. Per affrontare la sfida della neutralità climatica, la Mission EU propone un processo di co-creazione multilivello attraverso l’introduzione del suddetto Climate City Contract al fine di: a) esprimere l’ambizione e l’impegno di tutte le parti coinvolte negli obiettivi della Mission; b) identificare i gap relativi alle politiche e alle strategie di implementazione come base per una strategia per transizione verso la neutralità climatica e l’implementazione del modello di Smart City; c) coordinare le parti interessate e responsabilizzare i cittadini intorno agli obiettivi comuni; d) coordinare le autorità nazionali/regionali e dell’UE allo scopo di fornire il quadro legale, di governance e finanziario necessario per il sostegno di ogni città; e) creare uno “sportello unico” per le negoziazioni multilivello allo scopo di facilitare l’azione della città per la transizione. Ogni city contract dovrà includere gli obiettivi, specificare il piano d’azione e il piano di investimenti per realizzare la transizione e identificare le parti interessate e le responsabilità degli attori coinvolti. Il contratto non è inteso come un documento chiuso che vincola legalmente una città a una unica linea di condotta fino al 2030. L’idea principale è creare un documento in continua evoluzione sulla base delle richieste (live and demand-driven) che mette le città al centro del processo di trasformazione e determina - sotto forma di ecosistemi locali - il loro ambito, attività e tempistica. Una parte centrale del contratto dovrebbe riguardare lo sblocco dei driver alla trasformazione. La missione dà la priorità a cinque fattori principali: i) nuove forme di governance partecipativa, ii) nuovi modelli economici e di finanziamento, ii) pianificazione urbana integrata, iv) tecnologie digitali e v) gestione dell’innovazione. Poiché la governance multilivello è un elemento indispensabile per il successo della Missione, il contratto sarà firmato idealmente dal governo locale, la Commissione Europea e le rispettive autorità nazionali o autorità regionali. La maggior parte dei quadri politici, regole, regolamenti e standard che saranno necessari alle città per il complesso sforzo tecnico, finanziario e sociale di raggiungere la neutralità climatica proverranno dai livelli regionali/nazionali o europei, così come dipenderà da tali livelli di governance anche il finanziamento relativo. In tale contesto, le autorità nazionali e regionali possono svolgere un ruolo fondamentale nel trasferimento delle conoscenze e nell’attività di replica durante la condivisione, nel comprendere e definire le condizioni comuni in tutte le città di un Paese o di una regione. Le 100 città selezionate sono state rese note il 28 aprile 20221. Tra esse figurano le nove città italiane di Bergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, novembre/dicembre 2023 9 1 Le città (in realtà 112) sono state selezionate mediante un processo iniziato il 25 novembre 2021 con la pubblicazione di una call EU, chiusa il 31 gennaio 2022 (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/IP_22_2591).

Parma, Prato, Roma e Torino. Le città partecipanti sono incoraggiate a progettare e implementare un modello multisettoriale di governance in cui saranno gli stakeholder locali, come imprese, università e la società civile a far parte del city contract e a contribuire alla sua progettazione e implementazione nelle città. Allo stesso modo, stakeholder regionali o nazionali potenzialmente in grado di garantire il successo del contratto (ad es., aziende regionali di trasporto, produttori nazionali di energia, istituti di ricerca nazionali, ecc.) dovrebbero essere incoraggiati a aderire dal firmatario competente regionale o nazionale. Le strategie regionali di specializzazione intelligente e il loro collegamento con la politica di coesione della UE possono fungere da modello su come impostare la già menzionata governance multisettoriale con forti componenti di R&I e di politiche di finanziamento, adattandosi alle condizioni e ai punti di forza locali. Sarà inoltre incoraggiata la governance multistakeholder tra le città. Con l’aiuto della struttura e delle strutture della Mission2, questo dovrebbe assumere due forme: i) un raggruppamento sistematico sotto forma di cluster delle città che hanno firmato un contratto e che condividono le stesse condizioni locali e vogliono risolvere sfide comuni o creare economie di scala; ii) la collaborazione con le città che non hanno firmato un contratto, cioè le centinaia di città europee che intendono trarre ispirazione, imparare e replicare le idee e le soluzioni che sortiranno dalla implementazione della Mission. La figura 5 illustra i principali attori coinvolti nella mission: comunità d’affari, comunità accademica, città, autorità nazionali e regionali, gli enti proposti ai finanziamenti, gli organismi di normazione internazionali, le interazioni tra di loro, la commissione Europea, e il loro coinvolgimento nella preparazione del climate city contract. La transizione energetica Produzione e consumi di fonti energetiche La tradizione scientifica e tecnologica italiana, di prim’ordine nelle aree tecniche previste dalla Mission in questione, rappresenta un asset fondamentale per sviluppare soluzioni orientate al futuro sopra menzionato: le direttive del Clean Energy Package for All Europeans [7] possono quindi essere implementate con successo in parecchi distretti metropolitani, città e conglomerati. Lo confermano le importanti partecipazioni ai partenariati europei su città e comunità intelligenti (EN-SCC and EIP-SCC) e nella Covenant of Majors for Climate and Energy, oltre ai numerosi progetti Climate-KIC Italy demonstrator3. È un punto di par10 AEIT • numero 11/12 Figura 5 Il “Mission Climate Neutral and Smart Cities framework” - Adattata da [6] π 2 Un aiuto fondamentale alle città per la implementazione del climate city contract è fornito dal Progetto EU EIT Climate-KIC Net Zero Cities, una Mission Platform (https://netzerocities.eu) che tra gli scopi ha anche una serie di servizi disponibili online, la individuazione dei city advisors, previsti per ognuna delle città della Mission e il lancio di call per lo sviluppo di progetti pilota. A Net Zero Cities, si è aggiunto recentemente il progetto HEU CapaCITIES https://cordis.europa.eu/project/id/101056927

Rinnovabili e Comunità Energetiche tenza importante, data la situazione attuale riguardo i consumi di fonti di energia primaria dell’area europea, per circa il 70% ancora da fonti fossili, come mostrato in figura 6. Tra le fonti fossili, la più impiegata in Europa è il gas, che peraltro l’Europa ha tradizionalmente importato per buona parte dei propri fabbisogni da altri Paesi, tra cui la Russia, la Norvegia, l’Algeria con percentuali che hanno subito recentemente notevoli variazioni in seguito alla guerra Russia-Ucraina. L’Italia, che tra gli stati membri dell’Unione è quello con maggior dipendenza da forniture straniere di gas, oltre il 40%, dal 2021 al 2022 ha ad esempio diminuito di oltre il 60% la propria fornitura dalla Russia, aumentato di oltre il 230% quella dal Nord Europa, di oltre il 40% quella dall’Azerbaigian, e di quasi 50% quella di gas naturale liquefatto [9]. In figura 7 è mostrato l’andamento della produzione e del consumo di gas per regione in miliarnovembre/dicembre 2023 11 Figura 7 Produzione e consumo di gas per regione in miliardi di metri cubi - Adattato da [8] π Figura 6 Consumo % di fonti di energia primaria per regione al 2020. - Adattato da [8] √ 3 Deep Demonstration - Healthy Clean City Milano: www.climate-kic.org/programmes/deep-demonstrations/#intro GECO: https://italy.climate-kic.org/projects/geco-green-energy-community Landscape Metropolis: https://italy.climate-kic.org/projects/landscape-metropolis-paesaggio-come-infrastruttura Merezzate+: https://italy.climate-kic.org/success-stories/merezzate SAFERPLACES: https://italy.climate-kic.org/projects/saferplaces

di di metri cubi per regione, dal 1995 al 2020, che conferma la già menzionata dipendenza dell’Europa da altri paesi riguardo l’approvvigionamento di gas naturale. Interessante poi riportare, a conclusione del presente paragrafo la evoluzione negli ultimi dieci anni del consumo mondiale di energia primaria per fonte (figura 8) [10]. Della importanza e significatività di questi dati, in gran parte auto esplicativi, si tratterà nelle conclusioni. Meritano una nota gli impianti nucleari. Se da un lato i nuovi impianti entrati in funzione negli ultimi anni sono stati in gran parte bilanciati dal ritiro di vecchi impianti (https://world-nuclear.org/), circa 60 reattori sono in costruzione in tutto il mondo, e altri 110 sono previsti, di cui la maggior parte in Asia. Il Green Deal Europeo Come noto, la Commissione europea ha adottato con il Green Deal una serie di proposte per trasformare le politiche dell’UE in materia di clima, energia, trasporti e fiscalità in modo da ridurre le emissioni nette di gas a effetto serra di almeno il 55% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990, che ha dato luogo al fit-for-fifty five package. In questo contesto, il nuovo obiettivo per la quota di energia rinnovabile per il 2030 è stato fissato al 40%, mentre quelli in termini di efficienza energetica per il consumo di energia finale primaria al 36-39% [11]. Sono obiettivi più ambiziosi rispetto a quelli della conferenza delle parti sul cambiamento climatico, la COP, rispettivamente a 40%, 32% e 32,5% [12]. Ruolo della elettrificazione Da quando l’Europa e i suoi Stati membri si diedero nel gennaio 2008 il noto obiettivo “20-2020”, il settore elettrico italiano ha risposto in modo adeguato, al punto che nel 2019 il 39,4% della generazione elettrica totale è avvenuto attraverso fonti rinnovabili a cui, come riportano le pubblicazioni statistiche consultabili sul sito di Terna, è riconducibile al 31 dicembre 2021 il 48,4% del totale della capacità di produzione elettrica. I settori termico e dei trasporti sono ancora saldamente dominati da fonti primarie di energia da combustibili fossili e la loro transizione elettrica, auspicata in più sedi, richiederà tempi lunghi; è comunque ragionevole ritenere che la rete elettrica sarà sempre più interessata da un costante espansione in termini di potenza prodotta e 12 AEIT • numero 11/12 Figura 8 Andamento del consumo di energia primaria per fonte, negli anni 2011, 2019 e 2021. Others: comprende il nucleare e le biomasse tradizionali (Adattato da [10]) π

Rinnovabili e Comunità Energetiche trasmessa, a causa dell’aumentare del fabbisogno di energia elettrica. Per il trasporto terrestre - escludiamo dal ragionamento la rete ferroviaria - è prevista una penetrazione sempre più significativa dei veicoli full-electric al punto che diverse fonti prevedono per l’Italia il raggiungimento del 30% al 2030 (diverso è il caso del trasporto navale e aereo, di cui qui non ci occupiamo). Anche per il settore termico - facciamo qui riferimento essenzialmente al riscaldamento - per il quale l’impiego di pompe di calore alimentate da generatori elettrici da fonte rinnovabile ha costituito negli ultimi anni una prospettiva sempre più attraente anche alla luce degli incentivi recentemente introdotti [13], è ragionevole prevedere una progressiva, crescente transizione elettrica. A ciò ci aggiunge l’idrogeno verde, o quello blu, più economico - particolarmente adatti per i settori difficili da decarbonizzare e per le attività che richiedono elevato calore di processo - la cui produzione necessita di elettrolisi. Come strumento di accumulo energetico, rispetto ai sistemi elettrochimici, l’idrogeno presenta poi il vantaggio di potere immagazzinare grandi quantità per lunghi periodi, e può essere prodotto quando la rete elettrica non è in grado di accogliere la energia derivante da fonte rinnovabile (wind curtailment [14]). L’espansione e lo sfruttamento delle fonti rinnovabili richiedono, come noto, una gestione ancora più intelligente della rete, sia per la aleatorietà della disponibilità di tali fonti di energia, sia per il fatto che, almeno per quanto riguarda gli impianti fotovoltaici e la maggior parte di quelli eolici, la loro connessione alla rete avviene tramite inverter. Gli inverter non sono dotati dell’inerzia meccanica che invece posseggono le masse rotanti degli alternatori delle centrali termoelettriche e idroelettriche tradizionali, provvidenziale nel far fronte, almeno nella fase iniziale, agli squilibri tra la domanda di energia da parte degli utenti e la produzione delle centrali. Da ciò nasce la necessità di equipaggiarli con inerzia sintetica, e.g. [15], mediante lo sfruttamento di sistemi di accumulo o di condensatori/super-condensatori. La conseguente crescente complessità della gestione della rete elettrica richiede l’ampliamento delle relative infrastrutture ICT, da cui la popolare denominazione Smart Grid, rete intelligente. Nel futuro prossimo, si prevede che le Smart Grid dovranno far fronte non solo ai problemi tecnici precedentemente menzionati e alla necessità di aumentare l’efficienza del sistema, ma anche soddisfare una domanda crescente di energia spinta dalla transizione elettrica di altri settori, domanda che ha subito un rallentamento solamente durante l’emergenza COVID-19. Il quadro è poi reso ancora più interessante se si tiene conto della crescente diffusione di generazione distribuita da fonte rinnovabile nelle reti di distribuzione, le più vicine agli utenti finali, che da semplici consumer, consumatori, si stanno trasformando in prosumer, produttori- consumatori. La infrastruttura ICT relativa alla rete elettrica non è più quindi prerogativa essenziale della sola rete di trasmissione e subtrasmissione, ma sta estendendosi in modo sempre più capillare sulla rete di distribuzione sino agli utenti finali di bassa tensione. È infine ragionevole prevedere che le unità di accumulo di energia, in grado di rendere più flessibile la gestione della generazione distribuita da fonte rinnovabile, vedranno una crescente, capillare diffusione soprattutto a livello di rete di distribuzione. Ciò sta avvenendo grazie alla diminuzione del costo dei sistemi elettrochimici che si stanno affiancando, aumentando progressivamente la propria importanza, al tradizionale accumulo di tipo idroelettrico. La crescente diffusione dei veicoli elettrici se da un lato rappresenta un ulteriore carico che la rete elettrica dovrà essere in grado di soddisfare, dall’altro offre l’opportunità rappresentata dagli accumulatori a bordo di essi, che possono costituire una interessante provvista di energia per la rete quando connessi alla rete mediante sistemi di ricarica bidirezionale, soprattutto se la produzione di energia elettrica avviene mediante fonte rinnovabile. La Smart Grid e lo smart energy system Il contesto sopra brevemente delineato, offre più di un elemento per giustificare quanto gli addetti ai lavori sostengono da alcuni anni, cioè che la Smart Grid costituisce l’enabler per eccellenza per l’implementazione del concetto di Smart City soprattutto con riferimento alla sostenibilità energetica. Grazie alle tecnologie ICT, le reti elettriche, termiche e del gas dovrebbero poi essere gestite in modo coordinato al fine di sfruttarne le sinergie, il che rappresenta una delle sfide tecniche più interessanti per la Smart City, alla quale si aggiunge la considerazione che poche aree di ricerca e sviluppo richiedono una collaborazione stretta e frequente tra ricercatori con interessi diversi e complementari come l’area della Smart City [18]. La Smart Grid è quindi lo strumento principale per realizzare i cosiddetti smart energy systems che prevedono l’integrazione del sistema energetico. È l’integrazione del sistema energetico, realizzabile grazie alla pianificazione e al funzionamento coordinati del sistema energetico nel suo complesso, che contiene più vettori energetici, infrastrutture e settori di consumo novembre/dicembre 2023 13

(figura 9), la strada che può portare a una decarbonizzazione dell’economia in linea con l’accordo di Parigi e l’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. Secondo la “EU Energy System Integration Strategy” [19] l’integrazione del sistema energetico si deve sviluppare secondo tre concetti complementari e sinergici: • un sistema energetico più circolare, imperniato sull’efficienza energetica, in cui sia data priorità alle scelte meno energivore, siano riutilizzati a fini energetici i flussi di rifiuti inevitabili e siano sfruttate le sinergie in tutti i settori; • una maggiore elettrificazione diretta dei settori d’uso finale, per esempio utilizzando pompe di calore per il riscaldamento degli ambienti o per processi industriali a bassa temperatura, veicoli elettrici nel settore dei trasporti o forni elettrici in determinati settori; • l’uso di energie rinnovabili e a basse emissioni di carbonio, compreso l’idrogeno e/o i suoi derivati, per applicazioni d’uso finali in cui il riscaldamento o l’elettrificazione diretti non sono realizzabili, o insufficienti dal punto di vista tecnico/economico. Uno smart energy system dovrà garantire un approccio multidirezionale in cui i consumatori svolgono un ruolo attivo nell’approvvigionamento energetico (prosumer), immettendo in rete, ad esempio, l’energia elettrica che producono individualmente o in quanto parte di Comunità Energetiche Rinnovabili (CER). Al tempo stesso lo smart energy system deve essere in grado di ottimizzare i rendimenti tecnici delle reti energetiche interconnesse e all’interno di ogni sottorete. Per la realizzazione di uno smart energy system alcuni punti risultano quindi imprescindibili: • applicare sistematicamente il principio dell’efficienza energetica prioritariamente in tutto il sistema energetico; • utilizzare in modo sufficiente e adeguato nei nostri edifici e nelle nostre comunità le fonti di energia locale (ad es., il riutilizzo del calore di scarto proveniente da siti industriali, centri dati o altre fonti); • utilizzare il potenziale, sovente non sfruttato, delle acque reflue e dei residui e rifiuti biologici per la produzione di bioenergia. Per integrare il sistema energetico in modo efficace e utilizzare al meglio le infrastrutture esistenti e prevenire la dipendenza da fonti di energia specifiche, occorre aumentare il numero di connessioni fisiche tra i diversi vettori energetici4. Occorre quindi un nuovo approccio olistico per la pianificazione delle infrastrutture sia su vasta scala sia a livello locale, che includa la protezione e la resilienza delle infrastrutture critiche. La pianificazione delle infrastrutture dovrebbe agevolare l’integrazione dei vari vettori energetici, consentendo di scegliere tra lo sviluppo di nuove infrastrutture o la conversione di quelle esistenti, e dovrebbe prendere in considerazione le alternative rese possibili dal demand control e dai sistemi di accumulo. Nel settore industriale, più del 60% dell’energia consumata è sotto forma di calore. Le pompe di calore industriali possono quindi contribuire alla decarbonizzazione dell’approvvigionamento di calore a bassa temperatura nelle industrie e possono essere associate al recupero del calore di scarto. La infrastruttura ICT, potenziata quindi dalla penetrazione delle fonti rinnovabili nella rete di distribuzione, la progressiva elettrificazione di alcuni settori, la disponibilità di smartdevice da parte di consumer e prosumer, e il rapido diffondersi di app in grado di mettere tali dispositivi in comunicazione con le infrastrutture [20], potrà essere utilmente impiegata per la gestione della Smart City. Un esempio convincente di quanto sopra affermato è rappresentato dalle cosiddette Comunità Energetiche. Le Comunità Energetiche Nel 2018 e 2019, l’Unione Europea ha approvato pacchetto legislativo “Energia pulita per tutti gli europei”, il summenzionato Clean Energy Package (CEP) [7] (noto anche come 14 AEIT • numero 11/12 4 www.mit.gov.it/nfsmitgov/files/media/notizia/2022-09/STEMI_Decarbonizzare%20i%20trasporti_ITA.pdf Figura 9 Smart energy system: rappresentazione concettuale in confronto con il sistema energetico tradizionale, adattato da “EU Energy System Integration Strategy” - Adattata da [19] π

Rinnovabili e Comunità Energetiche Winter Package), composto da quattro regolamenti e quattro direttive che regolano temi energetici, tra cui: prestazioni energetiche negli edifici, efficienza energetica, energie rinnovabili, mercato elettrico5. L’Europa con il cosiddetto Winter Package si è fatta quindi promotrice di una richiesta agli stati membri di un ripensamento dei quadri regolamentatori tale da determinare un maggiore coinvolgimento dei cittadini, grazie al ruolo dei prosumer e delle Comunità Energetiche nel mercato elettrico. Due sono le direttive di maggiore interesse in tal senso: la già menzionata Direttiva Rinnovabili (RED II) [21], e la Direttiva Mercato Elettrico (IEM) [22]. Le Direttive invitano gli Stati membri a normare e promuovere soluzioni legate a: Autoconsumatori, Autoconsumo collettivo e Comunità Energetiche, e a ognuna di esse fa riferimento un tipo di Comunità Energetica. La sfida della transizione ecologica pone oggi i cittadini e i governi fronte a diverse questioni, tra cui i) la crisi energetica, con l’enorme aumento dei prezzi del gas e dell’energia elettrica che si è verificato tra il 2021 e il 2022, causato da fattori congiunturali, in particolare l’invasione russa dell’Ucraina, e da fattori strutturali; ii) la crisi sociale causata dell’impatto di questi aumenti sulla povertà energetica; iii) la crisi ecologica, spesso sinteticamente richiamate con il termine trilemma dell’energia (sostenibilità ambientale, accessibilità economica e affidabilità dell’approvvigionamento energetico) [23-25]. Un contributo non trascurabile su tutti e tre questi fronti può derivare dalla nascita delle Comunità Energetiche, incentivata nel PNRR da un fondo di 2,2 miliardi di euro. Con le Comunità Energetiche gruppi di cittadini e d’imprese possono associarsi per divenire prosumer, installando capacità produttiva da fonti rinnovabili e realizzando tre benefici: i) la riduzione del costo totale della bolletta (esclusi gli oneri di sistema) stimabile anche fino al 30%; ii) la vendita al gestore dell’energia per l’immissione in rete dell’eccedenza di energia prodotta e non autoconsumata; iii) gli incentivi legati alla energia condivisa per autoconsumo, fissati dalla Legge 8/2020 [30]. Le Comunità Energetiche6 sono associazioni di cittadini, attività commerciali o imprese per la produzione e la condivisione di energia elettrica da fonti pulite. Rappresentano secondo molti una possibilità che apre la strada a nuove opportunità di sviluppo per la transizione energetica del nostro Paese e rappresentano di fatto un esempio di smart district, in grado di trasformarsi in Positive Energy Districts - PED. Se ne menzionano qui di seguito due tipi. Le Comunità dell’Energia Rinnovabile (CER) fanno riferimento alla Direttiva RED II: sono un soggetto giuridico, aperto alla partecipazione dei cittadini, delle autorità locali e delle imprese (di piccole e medie dimensioni). Trattano solo fonti di energia rinnovabile, elettrica e termica. La partecipazione è di tipo volontario e può essere interrotta in qualsiasi momento mantenendo comunque i diritti di consumatore finale. In esse possono inoltre essere coinvolti altri attori del mercato come installatori, ESCo, manutentori, finanziatori, ecc., senza che questi diventino necessariamente membri delle comunità; operano nel mercato dell’energia senza avere una prevalente finalità di lucro, con l’obiettivo di soddisfare esigenze di tipo ambientale, economico e sociale e, solo in ultima istanza, di profitto. Il secondo tipo sono la Comunità dell’Energia dei Cittadini (CEC), fanno invece riferimento alla Direttiva IEM. Le CEC sono un soggetto aperto alla partecipazione aperta e volontaria dei cittadini, delle autorità locali e delle imprese (di piccole dimensioni - a differenza della CER sono escluse le medie imprese), i quali mantengono i propri diritti e obblighi di cliente attivo (un cliente finale o un gruppo di clienti finali consorziati che consuma o conserva l’energia elettrica prodotta nei propri locali situati all’interno di un’area delimitata). La partecipazione può essere interrotta in qualsiasi momento; hanno lo scopo di offrire ai membri o al territorio benefici ambientali, economici o sociali anziché profitti finanziari. Queste comunità trattano solo energia elettrica, anche da fonte non rinnovabile, senza vincoli di prossimità, possono accedere ai mercati dell’energia, partecipare alla generazione, alla distribuzione, alla fornitura, al consumo, all’accumulo, ai servizi di efficienza energetica e ai sistemi di ricarica per veicoli elettrici. Gli stati membri possono consentire che le CEC gestiscano, posseggano o comprino reti di distribuzione, e siano finanziariamente responsabili degli novembre/dicembre 2023 15 5 Le direttive UE stabilite dal CEP, che cercano di mettere in atto quadri giuridici adeguati a consentire la transizione energetica e a dare un ruolo di primo piano ai cittadini nel settore dell’energia, devono essere seguite da leggi nazionali sui rispettivi temi. Il termine per il recepimento delle direttive da parte degli Stati membri dell’UE e, di conseguenza, per la stesura di legislazioni nazionali, era giugno 2021, termine slittato per varie ragioni, tra cui la emergenza pandemica. 6 Le Comunità Energetiche hanno nel nostro paese una tradizione che risale addirittura al periodo a cavallo del ’900 quando nacquero le prime esperienze nelle zone alpine ricche di energia idroelettrica. Per esse, così come per tutti quelli instaurate prima dell’entrata in vigore della Legge 8, non vale il meccanismo di remunerazione tramite incentivi dell’energia condivisa. L’Unione europea stima al momento l’esistenza di circa 4.000 comunità energetiche, il numero è peraltro in crescita.

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